Carmine Bellezza

Carmine Bellezza
Funzionario al basso servizio del paese

sabato 29 gennaio 2011

Linus

la testata di Linus


Linus
La prima rivista a fumetti del mondo prende il nome dal personaggio dei Peanuts e viene creata dallo scrittore ed editore milanese Giovanni Gandini e arriva in edicola nell'aprile 1965. La pubblicazione è fortemente supportata dalla libreria Milano Libri diretta dalla signora Gandini e sita in via Verdi 2, a due passi dal Teatro alla Scala. La redazione si sposta presto da via Cernaia a via Spiga, dove rimarrà per anni. Nel 1968 la casa editrice assume lo stesso nome della libreria, e il nome rimane anche quando la testata viene ceduta alla RCS Rizzoli-Corriere della sera (la libreria continuerà la propria attività mantenendo il nome, indipendentemente dalle sorti della rivista), con spostamento della redazione in via Civitavecchia, prima in una costruzione autonoma, poi nel palazzone tra le altre pubblicazioni rizzoliane. Nel 1993 la testata viene ceduta alla Baldini & Castoldi.


LINUS
ed.: Figure, via Cernaia 5 (1 a 6) / via della Spiga 1 (7 a 34)
Milano Libri Edizioni, via della Spiga 1, Milano (35 a 91)
Milano Libri Edizioni [Rizzoli], Milano: via Civitavecchia 102 (92 a 118); corso Garibaldi 86 (119 a 169); via Rizzoli 1 (170 a 261)
RCS [Rizzoli Corriere della Sera] Rizzoli Periodici, Milano: via Rizzoli 2 (262 a 333)
Baldini & Castoldi, via Crocefisso 21/a, Milano (da 334)
dir. resp.: Giovanni Gandini (1 a 81); Oreste Del Buono (82 a 196; 334 a 465); Fulvia Serra (197 a 333); Stefania Rumor
NOTA: Linus nasce in formato rivista; nel 1979 riduce il formato a libretto; nel 1992 ritorna rivista

primo periodo (formato rivista)
anno numeri
1°/1965 1 a 9
2°/1966 10 a 21
3°/1967 22 a 33
4°/1968 34 a 45
5°/1969 46 a 57
6°/1970 58 a 69
7°/1971 70 a 81
8°/1972 82 a 93
9°/1973 94 a 105
10°/1974 106 a 117
11°/1975 118 a 129
12°/1976 130 a 141
13°/1977 142 a 153
14°/1978 154 a 165
mensile cm 20.5x27 64/96/128 pp bn (raramente segnature a colori) + cop 4+1 pm L. 300 (1 a 53) L. 400 (54 a 81) L. 500 (82 a 106) L. 600 a L. 1.000
NOTA i nn. 1 e 2 sono ristampati dalla Milano Libri (fine anni '80) in forma anastatica, allegati omaggio a Linus: sono distinguibili dagli originali soprattutto per il formato, più stretto di 5 mm nella ristampa

165 numeri, dal n. 1°/1 (aprile 1965) al n. 14°/165 (dicembre 1978)

giovedì 27 gennaio 2011

I Classici dell'Audacia

la testata Classica dei Classici dell'Audacia


Arnoldo Mondadori Editore, Milano
dir. resp.: Mario Gentilini; Enrico Bagnoli
63 numeri, dal n. 1 (dicembre 1963) al n. 63 (18 dicembre 1967)

NOTA alcuni personaggi ritorneranno nella breve serie tascabile SUPERALBO AUDACIA (vedi sotto)

Le variazioni subite dalla pubblicazione consentono di distinguere tre periodi:
•primo periodo – mensile, 64 pp a colori, dorso quadro
cm 20,5x28,5 64 pp 4+4 + cop 4+1 dq L. 250
37 numeri, dal n. 1 (dicembre 1963) al n. 37 (dicembre 1966)
con Blake e Mortimer, Dan Cooper, Jimmy Torrent, Michel Vaillant, Ric Roland
•secondo periodo – quattordicinale, 64 pp colori/bn, più stretto, "spillato"
cm 20,5x26,5 64 pp 4+1 + cop 4+1 pm L. 200
13 numeri, dal n. 38 (2 gennaio 1967) al n. 50 (19 giugno 1967)
con Blake e Mortimer, Blueberry, Dan Cooper, Marc Franval, Michel Vaillant, Ric Roland, Tanguy e Laverdure
•terzo periodo – quattordicinale, 48 pp a colori, "spillato"
cm 20,5x28,5 48 pp 4+4 + cop 4+1 pm L. 200
13 numeri, dal n. 51 (3 luglio 1967) al n. 63 (18 dicembre 1967)
con Bernard Prince, Blueberry, Dan Cooper, Marc Franval, Luc Orient, Michel Vaillant, Ray Ringo, Ric Roland, Tanguy e Laverdure

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SUPERALBO AUDACIA
Arnoldo Mondadori Editore, Milano
suppl. a Batman 13.4.69 (1), a Superman 29.6.69 (2), a Batman 7.12.69 (3), a Batman n. 82 del 29.3.70 (4), o senza indicazioni (5, 6)
nn. 1 a 3: senza numero; nn. 5, 6: senza data
volumetto cm 12,5x18,5 264/240 pp 4c/bn + cop 4c dq L. 300
6 numeri, dal n. [1] (13 aprile 1969) al n. 6 (sd, 1970)
con Asterix, Blueberry, Lucky Luke, Michel Vaillant, Tanguy e Laverdure, Valerian, eccetera (avventure tratte dai pocket Tintin Selection)

Retro futurism

Hyperion Holiday

Inspired by vintage sci-fi and retro futurism.

mercoledì 26 gennaio 2011

PIER CLORURO DE' LAMBICCHI

PIER CLORURO DE' LAMBICCHI
eccentrico e maldestro inventore, un bel giorno del 1930 - del tutto per caso - inventa l'arcivernice, una pittura trasparente capace di dare vita ai ritratti di libri, quadri e manifesti. Una pennellata di questa venice miracolosa e personaggi di tutti i tipi prendano vita, finendo spesso con il rivoltarsi contro il malcapitato inventore, il quale una settimana dopo l'altra ripete il proprio esperimento, sperando di avere maggiore fortuna.
L'idea di poter dare la vita ai personaggi dei fumetti o dei libri illustrati stimola moltissimo la fantasia dei lettori e la serie, creata da Giovanni Manca nel 1930 per il Corriere dei piccoli diventerà famosa, riproposta anche dal Giorno dei ragazzi a partire dal 1967.

1922 - Depero

Lasciata l'America in piena recessione economica, Depero rientra in Italia nel 1930 ed espone col gruppo futurista alla I quadriennale Nazionale d'Arte a Roma. Si trova però alle prese con un nuovo corso del Futurismo: l'Aeropittura.
Già l'anno precedente ne aveva sottoscritto il manifesto più per fedeltà nei confronti di Marinetti che non per una reale convinzione. Depero era una persona "coi piedi per terra", e per nulla affascinato da aeroplani e nuvole (e il volo del 1922 con Azari fu strumentale: serviva per fare réclame). Non solo, ma adesso il suo punto d'osservazione era paradossalmente più alto di quello raggiungibile con gli aeroplani futuristi: era stato nella città di Nuova York e aveva toccato con mano "quel" futuro solo vagheggiato e teorizzato dai Futuristi italiani. Edifici che sfioravano il cielo, grovigli di strade, vie sopraelevate e sotterranee: già tutto fatto. Purtroppo la sensazione che questa esperienza lascia in Depero non è quella della qualità "solare" e positiva della vita sognata dai Futuristi, quanto piuttosto quella di una sorta di "babele brulicante di cavallette". E sarà proprio questa disillusione che condurrà Depero, negli anni a venire, a rifugiarsi sempre di più nella concretezza e nei sani valori della natura. Ma questo cambiamento di rotta è tuttavia ravvisabile subito sia sul piano stilistico sia su quello tematico: progressivo abbandono dei colori caldi e della diagonalità a vantaggio dei colori freddi e dell'ortogonalità; progressivo abbandono di folletti e marionette a vantaggio di motivi e personaggi tratti dal folklore italico.

Nei primi anni trenta Depero lavora per vari giornali: "L'Illustrazione Italiana", "Il Secolo Illustrato", "Lo Sera".

Nel 1931 pubblica il "Manifesto dell’arte pubblicitaria" Futurista, già in bozze a New York nel 1929. Secondo Depero l'immagine pubblicitaria doveva essere veloce, sintetica, fascinatrice, con grandi campiture di colore a tinte piatte, per così poter aumentare la dinamicità della comunicazione.

Nel 1932 espone prima in una sala personale alla XVIII Biennale di Venezia, e poi alla V Triennale di Milano. A Rovereto pubblica una rivista della quale usciranno solo cinque numeri nel 1933: "Dinamo Futurista". In seguito, nel 1934, le "Liriche Radiofoniche", che declamerà anche all'EIAR (la Rai di allora). Nel 1933 partecipa alla Mostra di Plastica Murale di Genova e nel 1936 di nuovo alla Biennale di Venezia.

Di qui si ritira sempre di più nel Trentino. Le partecipazioni alle attività ufficiali (aero)futuriste si fanno sempre più rare: ciò comporta da un lato una sua progressiva emarginazione dal movimento, ma dall'altro a trasformarlo in una figura quasi leggendaria. Molti saranno i Futuristi di "terza generazione" ad andare in "pellegrinaggio" a Rovereto, per rendergli omaggio o per coinvolgerlo in qualche iniziativa. In ogni caso il suo isolamento lo porterà lontano anche da un'importante fonte d'introito: la pubblicità. Pubblicità che, per inciso, in quegli anni si stava evolvendo in direzioni non più adatte ai coloratissimi folletti deperiani.
I principali committenti di Depero divengono quindi corporazioni, segreterie di partito, grandi alberghi, amministrazioni pubbliche, industrie locali. Le opere richieste sono eminentemente didascaliche, propagandistiche, decorative.

Verso la seconda metà degli anni trenta, a causa dell'austerità dovuta alla politica autarchica, viene coinvolto nel rilancio del Buxus, un materiale economico a base di cellulosa atto a sostituire il legno delle impiallacciature, brevettato e prodotto dalle Cartiere Bosso. Grazie a questo lavoro riesce a ritrovare la propria vena creativa, realizzando tutta una serie di oggetti con tale materiale.

Nel 1940 pubblica la sua "Autobiografia". Nel 1942 realizza un grande mosaico per l'E42 di Roma, mentre nel 1943 con "A Passo Romano", cerca di dimostrare il suo allineamento sostanziale con la parte più dinamica del Fascismo anche per ottenerne lavori e commesse. Poi, con l'inizio dei bombardamenti aerei sulle città, si ritira nel suo eremo montano, a Serrada di Folgaria, cessando definitivamente l'esperienza della Casa d'arte futurista di Rovereto.

Finita la guerra, nel tentativo di giustificarsi di fronte al nuovo ordine dello stato italiano per quel libro apertamente fascista, afferma che loro, i Futuristi, credevano fermamente che il Fascismo avrebbe concretizzato il trionfo del Futurismo, e che, lui, aveva anche «bisogno di mangiare».

Nel 1947, in parte sponsorizzato dalle Cartiere Bosso, ritenta la carta dell'America, ma la trova ostile al Futurismo perché ritenuto l’arte del Fascismo.
Nel 1949 torna quindi in Italia e, sebbene disilluso e ormai sessantenne, non è intenzionato a fermarsi: partecipa prima ad una mostra a Milano e poi ad una a Venezia.


1922 Depero

Nel 1928, sollecitato dalle esperienze trionfali descritte dai colleghi, Depero si trasferisce a New York con la moglie Rosetta. Qui, ospite di un amico, lavora senza sosta nella speranza di riuscire a farsi una buona clientela. Tenta di esportare in territorio americano l'idea della Casa d'arte futurista di Rovereto (che a New York prenderà il nome di Depero's Futurist House).
Tiene mostre di pittura, realizza pubblicità, progetta ambientazioni di ristoranti, crea scenografie costumi e coreografie per il teatro, disegna copertine di riviste. Più in generale porta avanti un'attività poliedrica che è perfettamente in linea con quanto teorizzato fin dai tempi della stesura del manifesto per la "Ricostruzione futurista dell'universo".

All'inizio del 1929, anno del crollo di Wall Street, Depero allestisce la sua prima personale di pittura alla Guarino Gallery of Contemporary Italian Art. Il catalogo è rigorosamente impaginato secondo i criteri adottati anche da altri esponenti delle avanguardie: testo privo di punteggiatura e scritto usando solo le minuscole.[5] Più remunerativi sono tuttavia i lavori per il teatro, ma ancor di più per la pubblicità. Depero a New York ha l'occasione di reincontrare un amico di vecchia data, Massine, che gli presenta Leon Leonidoff, direttore artistico del "Roxy Theatre". E con tale teatro avvierà poi una collaborazione. Gli vengono commissionate copertine per importanti riviste quali "Vanity Fair", "Vogue", "Sparks", "The New Auto Atlas", "The New Yorker", "Dance Magazine" e "Movie Makers", e ha l'opportunità di realizzare réclame per ditte quali ad esempio i grandi magazzini Macy's. Progetta inoltre la ristrutturazione di due ristoranti: l'Enrico & Paglieri e lo Zucca. Nell'Ottobre del 1929 allestisce una mostra di lavori pubblicitari presso l'"Advertising Club". Grazie a questa iniziativa viene cooptato dalla BBDO, una delle più importanti agenzie pubblicitarie del mondo, per realizzare la campagna dell'American Lead Pencil Company.

Da un punto di vista prettamente stilistico, sia sul versante della grafica pubblicitaria sia sul versante della realizzazione delle copertine, Depero rimane sostanzialmente fedele al suo metodo di continua rivisitazione iconografica di idee già ampiamente collaudate in patria. I personaggi delle sue opere sono quasi sempre pupazzi, provenienti dal mondo del teatro. La composizione grafica delle pagine è quasi sempre affidata ad un certo diagonalismo, espediente questo in grado di conferire dinamicità alla composizione stessa. La figura geometrica per eccellenza è il parallelepipedo. Luci e colori sono giocati su forti contrasti, con una predilezione nell'uso del bianco, del nero, e del rosso per rafforzare i valori bitonali.[5] A fronte di un'attenta costruzione figurativa, manca tuttavia in Depero una cura della parte scritta, sebbene questo tipo di approccio alla grafica fosse affine a quello del costruttivismo russo.[5] E più in generale non è possibile considerare Depero un innovatore della grafica del suo tempo, come lo fu ad esempio Cassandre. Ma è indubbio che il suo approccio aggressivo, il suo segno forte e la sua iconografia influenzeranno una certa parte della grafica pubblicitaria successiva.

In ogni caso l'esperienza americana rappresenterà un vantaggio rispetto ad altri suoi colleghi, che mai si mossero dall'Italia, in quello che si può definire un processo di "sprovincializzazione".[5]

1922 Depero

« L'arte dell'avvenire sarà potentemente pubblicitaria. »

(Fortunato Depero, Manifesto dell'arte pubblicitaria, 1932)

Al 1920 risalgono i più importanti incarichi di Depero per Umberto Notari, direttore dell'Ambrosiano e dell'agenzia pubblicitaria "Le 3 I": una serie di manifesti e due grandi arazzi. Nel 1921 a Milano espone a una mostra personale, che in seguito verrà spostata a Roma, dove inizia gli allestimenti per il "Cabaret del diavolo". Nel 1922 è la volta del "Winter Club" di Torino, esposizione per pubblicizzare la quale usa per la prima volta il lancio di volantini dall'aereo dell'amico-futurista Fedele Azari. A Rovereto, sempre nel 1922, avvengono due veglie futuriste, dove viene tutta ridecorata la casa d’arte, che apparirà poi nella rivista "Rovente".

Nel 1923 prende parte alla I Biennale delle arti decorative dell'ISIA di Monza. Nel 1924 a Milano mette in scena il balletto meccanico "Anihccam del 3000", replicato in venti altre città italiane. È in questo periodo che realizza i famosi Panciotti futuristi, indossati dai principali esponenti del movimento.[3]

Nel 1925 partecipa con Balla e Prampolini, in una sala dedicata al Futurismo, all'Esposizione internazionale di arti decorative e industriali moderne di Parigi.[5] Quest'esposizione è assai importante per Depero, perché gli dà l'opportunità di conoscere molti esponenti che gli faranno tentare la carta americana. Dopo una personale a Parigi, espone infatti a New York (dove è ospite per un breve periodo del pittore italiano Lucillo Grassi), a Boston e a Chicago. Infine è a Venezia, alla Biennale del 1926, dove espone il dipinto "Squisito al selz" dedicato al commendator Campari. Episodio quest'ultimo che segnerà l'inizio di un sodalizio professionale con la nota ditta di liquori.[5]

Il 1927 è un anno cruciale per Depero. Pubblica per i tipi della Dinamo-Azari di Milano la monografia "Depero futurista", meglio nota col nome di "Libro bullonato", per celebrare quattordici anni di militanza nel Futurismo. Si tratta in generale di un'evoluzione della tipografia futurista avviata da Marinetti una ventina d'anni prima, ma in particolare del primo esempio di libro-oggetto.[5] Il volume è caratterizzato da un'impaginazione assai varia, con scritte allineate in molteplici modi e con pagine di differente grammatura e colore. Il tutto tenuto insieme grazie a due grossi bulloni meccanici.[5] Depero è poi presente alla III Mostra Internazionale di Arte Decorativa di Monza col Padiglione Tipografico (o Padiglione del Libro) per gli editori Bestetti-Tumminelli e Treves.[5] Partecipa inoltre alla Quadriennale di Torino, alla rassegna di Futuristi a Milano e allestisce una mostra personale a Messina.

Tra il 1924 e il 1928 Depero lavora con molte ditte, fra cui la Alberti (produttrice del Liquore Strega), la Schering (Veramon) e la già citata Campari realizzando per quest’ultima centinaia di proposte pubblicitarie. È opportuno precisare che il rapporto che ebbe Depero con la réclame fu particolare. Se in generale la pubblicità era vista di buon occhio dai Futuristi, e anzi, considerata «arte nuova del mondo moderno», Depero in particolare fu quello a sostenerla con maggior impegno fino a diventare il più autorevole cartellonista pubblicitario tra i Futuristi.[5] Non solo, ma qualche anno più tardi troverà il modo di condensare il suo punto di vista in proposito nel "Manifesto dell'arte pubblicitaria".


1922 Depero

Rientrato dalla guerra si prepara per una mostra del 1916. Le opere di Depero, seppur influenzate da Giacomo Balla, danno maggior rilievo alla pulsione plastica. Inizia inoltre a comporre canzoni "rumoriste" e poesie "onomalinguistiche".[1] Nel 1916 Umberto Boccioni scrive di Depero sulla rivista "Gli Avvenimenti".

A fine anno conosce l'impresario dei famosi "Balletti Russi", Sergej Diaghilev, che ne visita lo studio assieme al pittore Michail Fedorovič Larionov e al coreografo e ballerino Léonide Massine e lo incarica di realizzare scene e costumi per "Il canto dell'usignolo", su musiche di Stravinsky, che però non saranno mai realizzati[1] perché Depero deve anche aiutare Picasso con i costumi di "Parade".
Nel 1917 incontra il poeta svizzero Gilbert Clavel, con il quale stringe un rapporto d'amicizia e di lavoro. Ospite della sua villa-torre a Capri, per Clavel Depero illustra un suo libro ("Un istituto per suicidi") con disegni a metà tra Futurismo ed Espressionismo. In seguito assieme a Clavel realizza il Teatro Plastico, cioè recitato da marionette, chiamato "Balli Plastici".[1] Lo spettacolo, pur andando in scena al Teatro dei Piccoli, a Roma (15 aprile 1918), sarà un'opera d’avanguardia, sia per l'innovazione dell'eliminazione degli attori-ballerini, sia per le musiche d'avanguardia composta da Béla Bartók, Gian Francesco Malipiero ed altri.
Sempre durante il soggiorno a Capri crea i suoi primi "arazzi" futuristi, in realtà mosaici di stoffe colorate. Sono, questi, il primo esempio della trasmigrazione delle sue invenzioni teatrali. I suoi automi e pupazzi diverranno, infatti, un leitmotiv, non solo sulle stoffe ma anche nei suoi dipinti, e tale motivo dominante andrà a delineare quello che oggi è possibile definire come "stile Depero".



Dopo l'esperienza teatrale Depero non rientrerà più nella via sperimentale ancora seguita da Balla, ma cambierà traiettoria rispetto alle formulazioni, sovente utopiche, proposte dalla "Ricostruzione futurista dell'universo". La Ricostruzione prevedeva il superamento della pittura e della scultura per «ridisegnare» e «riplasmare» in maniera futuristica ogni ambito del vivere umano. Tuttavia per Depero, persona pragmatica, questo programma era attuabile solo a patto che si prendessero in considerazione possibilità applicative reali e mercato. Non era possibile una Ricostruzione se si rimaneva ancora una volta chiusi in gallerie e musei o ci si limitava ad esercizi sperimentali. Per far arrivare l'idea futurista nella vita quotidiana delle persone era necessario servirsi delle arti applicate. Ed è proprio a partire da questa convinzione che nasceranno in Italia, a partire dal 1918, le cosiddette "Case d'Arte futuriste": a Roma quelle di Enrico Prampolini, di Carlo Ludovico Bragaglia, di Roberto Melli; a Bologna quella di Tato; a Palermo quella di Pippo Rizzo. E a Rovereto quella di Depero, che però vedrà la luce in ritardo rispetto alle altre a causa dei vari impegni dell'artista.

Dopo un soggiorno a Viareggio nel 1918, Depero espone a Milano nel 1919, alla Galleria Moretti, dove Filippo Tommaso Marinetti raduna il meglio del Futurismo del dopoguerra per rilanciare il movimento.

E dopo tanto tempo Depero fa ritorno anche a Rovereto, trovandola distrutta dalla guerra. Qui, nel 1919, vi fonda la propria Casa d'arte Futurista,[2] dove produrrà manifesti pubblicitari, mobili e altro che servirà per arredare la casa moderna. Depero è tuttavia attento a cimentarsi nella progettazione di oggetti che abbiano una reale utilità, oltre che caratterizzati esteticamente. Uno dei grandi problemi delle case d'arte futuriste, infatti, era che spesso uscivano da questi luoghi oggetti sì d'avaguardia ma inutilizzabili.

Sempre in questo periodo crea quadri di atmosfera metafisica, che dimostrano, ancora una volta, come Depero si attenesse più agli ideali futuristi che non allo stile del movimento.

1922 Depero

Pubblicità Campari - 1922
Fortunato Depero

Nato nel 1892 a Fondo, nella Val di Non, ancora giovanissimo Depero si trasferisce a Rovereto (all’epoca entrambe le cittadine erano territorio dell'Impero austro-ungarico). Qui studia alla Scuola Reale Elisabettina, un istituto d’arte frequentato da molti artisti che in seguito diventeranno protagonisti del panorama culturale italiano del Novecento.[1]

Per la città di Rovereto sono anni difficili quelli, perché anche se sotto dominio austriaco, vi sono molti movimenti irredentisti che ne vorrebbero l’annessione all’Italia. Nel 1908 tenta l'iscrizione all’accademia delle belle arti di Vienna, ma viene respinto,[1] così nel 1910 va a lavorare a Torino come decoratore all’esposizione internazionale. Al suo ritorno a Rovereto lavora da un marmista, occupandosi di lapidi funebri. Depero è molto attratto dalla scultura, che caratterizzerà le sue opere future. In particolare questa sua passione per le arti plastiche la si ritroverà nella pittura, "prepotentemente" volumetrica e solidificata. Non solo, ma a tal proposito è forse opportuno ricordare che all'inizio Depero si presentava come scultore.[1]

Alla libreria Giovannini espone due volte alcune sue opere, nel 1911 e nel 1913. Sempre nel 1913 pubblica il suo primo libro, "Spezzature", un insieme di poesie e pensieri accompagnati da disegni. Nel dicembre del 1913 rimane colpito dalla mostra di Umberto Boccioni a Roma, dove conosce molti dei suoi “idoli”, tra cui Giacomo Balla e Filippo Tommaso Marinetti.[1] Tramite il gallerista Sprovieri riesce a esporre, sempre a Roma, all'"Esposizione Libera Futurista Internazionale" nella primavera del 1914,[2] dove si confronterà con nomi prestigiosi.
In prima fila: Depero, Marinetti e Cangiullo nei loro panciotti futuristi. Fotografia scattata il 14 gennaio 1924, in occasione della replica dello spettacolo della Compagnia del Nuovo Teatro Futurista a Torino.

In seguito torna in Trentino per allestire una mostra a Trento, ma gli viene comunicato lo scoppio della Prima guerra mondiale, perciò si trasferisce a Roma.[1] Diventa allievo di Giacomo Balla e riesce a entrare nella cerchia del primo gruppo futurista.[1] Nel 1915 assieme a Balla scrive un manifesto divenuto poi fondamentale: "Ricostruzione futurista dell'universo". Qui Balla e Depero si autoproclamano astrattisti futuristi e inneggiano ad un universo gioioso, «coloratissimo e luminosissimo».[3]

Da un lato l'adesione di Depero al Futurismo non fu incondizionata. Ad esempio assunse fin dal principio una posizione critica nei confronti della volontà di Boccioni di "rifare la storia". Fu invece molto più vicino alle concezioni del suo maestro Balla, considerandolo il pioniere di una ricerca approfondita sulla genesi e la struttura funzionale della forma.[4] Tale ricerca verrà poi portata avanti da Depero in maniera molto discreta all'interno del gruppo futurista, individuando e chiarendo analiticamente la relazione tra Futurismo e altre correnti artistiche che non fossero (ovviamente) il Cubismo, in particolare il Dadaismo di Marcel Duchamp.[4]

Da un altro lato, paradossalmente, Depero fu più Futurista degli stessi Futuristi.[1] Convenzionalmente si tende a definire Depero come "un pittore del secondo Futurismo". Il termine di "secondo Futurismo" fu introdotto da Enrico Crispolti alla fine degli anni cinquanta: il "primo Futurismo" era il "Futurismo eroico", ovvero il nucleo storico del 1909-1916, il secondo Futurismo era quello successivo, ovvero quello di Depero. Lo spartiacque era rappresentato dalla data della morte di Boccioni.[1] In verità, però, questa divisione è stata utilizzata da molti critici e storici dell'arte per una contrapposizione più ideologica che non stilistica: al primo futurismo appartenevano artisti di estrazione anarchica e socialista; al secondo futurismo appartenevano, invece, artisti fascisti e filo-fascisti. Eppure, al di là di questo, vi è stata anche un'effettiva differenza nell'approccio al Futurismo rispetto a quanto professato nei propri manifesti: se il primo Futurismo si proponeva di «portare l'Arte nella vita», di fatto rimase chiuso dentro gallerie e musei (fatta eccezione per le "Serate futuriste") e si limitò ad esprimersi tramite arti regine quali la pittura e la scultura. Il secondo Futurismo, invece, proprio a partire dalla "Ricostruzione futurista dell'universo" di Balla e Depero, entrò veramente nella vita quotidiana della gente, e lo fece grazie alla pubblicità, all'arredamento, agli allestimenti teatrali, alla moda, all'architettura, all'arte postale, e via dicendo.

Il signor Bonaventura - 1922

Il signor Bonaventura

1922

Beautiful girls

A bomb

A bomb

WWII

Archives


giovedì 20 gennaio 2011

J.C.Leyendecker tribute


Painter

J.C.Leyendecker tribute


performers

J.C.Leyendecker tribute


Portada de J.C.Leyendecker para The Saturday Evening Post (1933)

J.C.Leyendecker tribute


il Bardo

Dinotopia


Garden of hope

Dinotopia


Small wonder

Dinotopia


Morning in Treetown
by James Gurney

Dinotopia


Mountain Tribesman
by James Gurney

Dinotopia


Irish Elk
by James Gurney

lunedì 17 gennaio 2011

Il Falcone maltese


he Maltese Falcon, è un romanzo giallo dello scrittore americano Dashiell Hammett. Questo romanzo è stato pubblicato, il Italia, anche con il titolo Il falcone Maltese. È stato pubblicato la prima volta nel 1930 e ne è stato tratto il film Il mistero del falco interpretato da Humphrey Bogart. Dashiell Hammett è considerato il fondatore della "scuola dei duri", il poliziesco hard-boiled americano caratterizzato da uno stile di scrittura asciutto, da personaggi cinici e da trame complesse al limite del razionale. Perfetto esempio è proprio Il falcone maltese, che vede l'esordio di Sam Spade, detective privato amato da generazioni di lettori nonché probabile alter-ego dell'autore.
am Spade ha modi asciutti, mai un sorriso di troppo, mai un movimento in eccesso. È il suo mestiere: stare sul chi vive, anche quando nel suo ufficio di investigatore entra miss Wonderly, una bionda con un nome che è tutto un programma. La sorella della donna è nei guai per colpa di un poco di buono e la coppia ora è giunta a San Francisco; se c'è qualcosa che va storto nella sua città, Spade non si tira certo indietro. Oltretutto la donna è un'ipocrita e manipolatrice dark lady, come il lettore scoprirà fra poco. E, altro colpo di scena iniziale, la prima vittima dei suoi raggiri è il socio dell'agenzia investigativa di Spade, nonché suo caro amico.

Ma nel corso delle indagini le ombre si infittiscono e gli eventi si susseguono come su una giostra (è il titolo di un capitolo) impazzita: notevole è l'arrivo di un certo Cairo, un untuoso ometto che offre a Spade cinquemila dollari per rintracciare un oggetto fuori dal comune, appunto la misteriosa statuetta antica che dà il nome al titolo ed è un favoloso oggetto di oreficeria del Medioevo cavalleresco (sotto la vernice nera del falcone si nascondono pietre preziose d'ogni tipo).

Spade possiede un'abilità non comune a sfruttare ogni cosa a proprio favore, ricorrendo a vari mezzi, ma sempre nei limiti della dignità umana, in un'America di gangster sanguinari e politici corrotti. Il comportamento di Spade è regolato da un rigido codice d'onore, anche se talvolta rivela una filosofia di vita più disinvolta, perché è duro sopravvivere in un mondo dove non ci si può fidare di nessuno, tanto meno delle apparenze.

once upon a wintertime



L'inverno non è passato finché non luccica la luna d' aprile.