giovedì 18 marzo 2010
Nati entrambi ad Udine, Carlo nel 1907 e Vittorio nel 1911, i due Cossio si trasferirono giovanissimi a Milano. Lavoravano come decoratori, e l'interesse per il disegno la grafica venne solo in un secondo tempo.
« Intorno al '28 - spiega Vittorio Cossio - mio fratello, che era anche pittore, conobbe Bruno Munari, il quale a quell'epoca si occupava di cartoni animati pubblicitari. Insieme all'operatore Torelli comincio ad interessarsi anche lui di animazione, ed io naturalmente lo seguii per la nuova strada. In quegli anni le tecniche del cartone animato erano poco conosciute qui in Italia.
Ricordo che vedendo i primi film di Disney non riuscivamo a capire come si potessero ottenere dei movimenti così sciolti su sfondi perfettamente fissi e uniformi. Scoprimmo poi la tecnica del disegno sul traspa-rente, che fummo i primi ad appli-care in Italia.
Si era intorno al '30, ed il mercato per questo genere di lavori era tut-t'altro che abbondante. Fu appunto in un momento di stasi che ci venne l'idea di collaborare con disegni ai giornali per ragazzi: allora ci sembrava una soluzione di ripiego.
Le prime illustrazioni apparvero su Rin Tin Tin e Primarosa dell'editore Vecchi, nel '33. Verso il '35 io iniziai a collaborare al « Corriere dei Piccoli».
Vi disegnai avventure indipendenti e diversi personaggi fissi: II Balilla Venturino e, verso il '39, Centaurino e Teodato; poi nel '37-'39 due serie drammatiche, II Nlbblo delle Baleari e L'Eroe di Vlllahermosa, sulla guerra di Spagna.
I testi erano di Giuseppe Brancolini, che si firmava Giubra ».
II nome Cossio é senz'altro legato ad un numero incredibile di personaggi. Ma il più famoso, ai suoi tempi, fu certamente Dick Fulmine.
Come nacque?
«L'Audace» aveva bisogno di un personaggio nuovo, e mio fratello Carlo, d'accordo con il direttore editoriale della Vecchi, Nino della Casa, ideo Dick Fulmine, che ap-pena uscito ebbe subito molto successo. Anch'io, nel gennaio del '40, creai una nuova serie, Turbine, l'Asso Pilota. La rivista pero traballava, e dopo vari cambiamenti di editore, la testata venne ceduta allo scrittore Bonelli. Nino della
Casa, che con mio fratello era proprietario di Fulmine, ne uscì e fondo I'« Albo Giornale », sul quale fece proseguire le sue avventure, modificate secondo le disposizioni del Ministero della Cultura: via i fumetti, fisionomia più all'italiana, storie di guerra, eccetera ~. «Carlo era infaticabile, e quando Bonelli, nel novembre del '40, rimise in vendita il giornale, ideo per lui un'altra serie, X-1 II Pugile Mi-sterioso, cioè il celebre Furio.
Pero, come potrete immaginare, era sommerso dal lavoro.
Collaborava anche a "L'Intrepido" di Del Duca con La Freccia d'Argento e vari "Albi". Così, nel febbraio del '41, mi passo Furio, che portai avanti per più di un anno. Dal '39 anch'io lavoravo per Del Duca, con Povera Mamma, una storia lacrimosa e strappacuore, oltre ai soliti "Albi"; ma trovai il tempo, dal luglio del '41, di disegnare altri due personaggi per "L'Audace": L'Inafferrabile e Orlando l'Invincibile.
Anzi, sempre nello stesso anno, Vecchi fece uscire nella Francia ocupata un albo "Gavroche", per il quale feci Le Bolide Fantome.
di cartoni animati vi siete più interessati?
« Vede, l'animazione era sempre il nostro "primo amore", ed ogni volta che ci son capitate delle offerte non abbiamo esitato ad accantonare il lavoro per i giornali.
• Prima della guerra, su richiesta dell'ingegner Gualtierotti facemmo due film per sperimentare il suo nuovo sistema di ripresa a colori. Realizzammo La Macchina del Tempo di Wells e La Secchia Ra-pita. Dal punto di vista spettacolare erano perfetti perché il sistema stereoscopico dell'ingegnere dava vita a colori stupendi, ma commercialmente non ebbero se¬guito, dato che la pellicola da im¬piegare doveva avere un passo doppio di quelle normali, e per mettere i film in circuito si sareb¬bero dovute sostituire tutte le macchine da proiezione esistenti in Italia.
• Un'altra occasione l'avemmo nel '42, quando un amico, il professor Giobbe, ci chiamò a Roma per realizzare nel suo stabilimento alcuni cartoni in Agfacolor su Pulcinella. Nel '42, a marzo mi pare, dopo che Carlo fu richiamato alle armi, accadde il disastro. Lo studio di Giobbe, nel quale era custodito tutto il materiale, due film completi ed altri in lavorazione, venne distrutto da un incendio.
• Quell'incidente mi fece trovare in una situazione difficile.
Dovevo arrangiarmi come potevo: ero un po' cartellonista, disegnavo diapositive, ed altro. Inoltre mi ero sposato, e dovevo tirare avanti con la famiglia. All'arrivo degli Alleati, fra i primi giornali a fumetti che ebbero l'autorizzazione ad uscire, vi furono "Giramondo" e "l'Avventura" di Capriotti. Mi presentai al¬l'editore ed ottenni subito lavoro. Dopo alcune illustrazioni senza importanza "ereditai" le storie La Nave del Mistero e II Distruttore di Mostri. Poi mi fecero esaminare i testi di Alberto Guerri, sui quali creai Ra Pugno d'Acciaio, che uscì sul numero 15 di "Giramondo", nel novembre del '44.
L'anno dopo, quando Capriotti fece uscire il giornale umoristico "L'Ometto Pic", che prendeva il nome dal personaggio di Zedda, io vi disegnai il fumetto Tim, Tom e Tam ».
Disegnando Raft, che é certamente il suo personaggio più famoso, aveva presente Gordon?
« Quando mio fratello portò a casa i primi numeri dei I' "Avventuroso", ammirammo insieme le tavole di Raymond, che ho sempre considerato uno dei più grandi maestri del fumetto. Parte di quell'ammirazione rimase certamente sedimentata nel mio animo, ma mentre disegnavo Raff non avevo in casa nemmeno una tavola di Gordon. D'altra parte, il personaggio mi si confaceva, perché ho sempre prediletto il genere avventuroso fiabesco mitologico. Se c'è stata un'ispirazione all'eroe di Raymond, essa è rimasta a livello inconscio.
• Nel '45 a Roma disegnavo ancora Raff, quando l'editore Del Duca mi chiese di continuare per il nuovo "Intrepido" le serie Capitan Sparviero e Cuore Garibaldino. Iniziai il lavoro nella capitale, ma poi, nel '46, decisi di raggiungere mio fratello che da tempo si era trasferito a Milano.
Lì trovai tanto lavoro che dovetti abbandonare Raff. Il personaggio fu ripreso da un mio allievo: Orlando Grassetti.
« A Milano, Carlo aveva ideato per l'editore Tomasina un altro albo di successo, Tank, un superuomo al-l'americana. La pubblicazione presto ne generò altre due, Mlrko e Franca. Mio fratello, quando lo ebbi raggiunto, mi chiese di continuare una di queste serie, perché era ve¬ramente troppo oberato di lavoro ».
E' vera la leggenda secondo cui disegnavate un albo al giorno?
• Più che per me, questa osserva¬zione vale per Carlo. E' vero che anch'io, quando iniziavo a collaborare ad un giornale, mi allargavo a macchia d'olio, per cui do¬po un poco finivo per fare quasi tutto ciò che si stampava: ma Carlo riusciva a mantenere un ritmo asso¬lutamente incredibile. Una vera macchina. Ogni settimana arrivava a disegnare fino a tre o quattro albi completi, e poi tavole per storie a puntate, illustrazioni per libri, figurine e via dicendo.
• Per disegnare i fumetti usava una tecnica curiosissima. Prima di scegliere la posizione precisa di un personaggio nella vignetta ne tracciava a matita, sovrapponendoli, tutti i possibili atteggiamenti. Così si vedeva un uomo con due o tre teste, e tre o quattro paia di brac¬cia e di gambe. Poi inchiostrava solo la posizione più adatta, e cancellava il resto.
« Tornando, al discorso di prima, fra gli albi che Carlo mi aveva offerto scelsi Mirko, ma non lo dise¬gnai a Milano. Dovetti tornarmene a Roma, per pura e semplice no-stalgia. Da lì portai avanti il personaggio, il cui primo albo uscì nel maggio del 47, per trenta numeri.
• Poi nel '50 il mio lavoro ebbe un calo, quando l'editore Del Duca concluse Cuore Garibaldino e Capitan Sparviero. Ma presto si aggiunsero altre attività: nel '51 una " Storia dell'America " a puntate, diretta da Guasta, Dragosci e Guerri, e il lavoro per " Vera Vita ", un giornale cattolico a cui collabo¬ro tuttora, anche se saltuariamente. Iniziai nel novembre, con L'Antro nella Foresta.
- Carlo era rimasto a Milano, e vi restò sino alla fine: non l'ho rivisto che poche volte. Morì nel '64. Nel '50 aveva disegnato Buffalo Bili, che continuò sin quando l'editore dell' "Intrepido" lo sostituì con Ugolini per rinnovare grafica-mente il personaggio. Collaborava agli "Albi dell'Intrepido", al "Vitt¬rioso": come al solito, era pieno di lavoro.
• Un incremento alla mia attività venne nel '55-'56 da una ditta milanese, che mi chiese di lavorare per dei fumetti da esportare.
Per loro disegna i Dick Daring, le avventure di una Giubba Rossa. Continuai sino al '60, quando si fevero vivi di nuovo i cartoni animati. Questa volta si trattava di un nuovo sistema detto " Scenoplastic ", che abbinava disegni e pupazzi animati. Per la INCOM io e mia moglie realizzammo un film sperimentale ispirato alla favola di Andersen L'Acciarino Magico. Purtroppo, nonostante il sistema fosse una novità, una specie di uovo di Colombo, il progetto venne insabbiato. Ne derivò una certa crisi. Oggi quindi, benché disegni an-cora per l'Italia e per l'Inghilterra, la mia attività è assai diminuita rispetto a quella di un tempo: la salute, del resto, non mi permetterebbe di far di più.
« Comunque, pare che la nostra sia una famiglia di disegnatori: anche l'altro mio fratello, Gino, disegna, e la mia seconda figlia, Claudia, si è lanciata su questa via ed ha già pubblicato alcuni albi. Spero qiundi che anche in futuro il nome Cossio continuerà ad avere un posto nel fumetto italiano ».
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